La notizia (ma è più un discussione a distanza tra Veritas e Sindacato) è di qualche mese fa, ma solo adesso è trapelato qualche indizio. Pare essere una sceneggiatura da film 007, ma forse è meglio riferirsi a Matrix, film che raccontava in modo fantascientifico la realtà virtuale.
Sembra che alcuni dipendenti (forse 2) della più grande e organizzata multi utility del Veneto la Veritas, si siano visti recapitare (in circostanze diverse), una contestazione disciplinare una per comportamenti intolleranti verso l’azienda che riguardava un piccolo prestito, un’ altra per diffamazione.
Nel primo caso non entro nel merito della questione, perché trattasi di cose personali e delicate, nel secondo caso mi permetto una considerazione personale in quanto viene chiamato in causa il famosissimo social network Facebook.
Per questo caso un po’ “particolare” a sentire l’ azienda Veritas, un dipendente ha usato nel suo account personale di Facebook frasi molto offensive nei confronti di un suo superiore con tanto di foto e/o video, per questo comportamento è stato richiamato con una sanzione disciplinare per diffamazione.
Pronta la risposta del Sindacato che prende le difese dell’ operai: dichiarando l’ accaduto come uno sfogo personale chiamando in causa una legge fondamentale, la violazione della privacy.
Chi ha ragione? Vediamo di capire come funzionano questi account (siti) su Facebook: qui nel blog abbiamo fatto delle prove a riguardo, è praticamente improbabile (ma non impossibile) violare un account personale se non si ha la password giusta, resta da capire come ha fatto la Veritas ad entrare in possesso di questi “documenti” personali del dipendente?
Potrebbe essersi rivolta ad un Hacker (persona molto capace, e conoscitore del linguaggio “macchina”, in grado di scardinare con accorgimenti particolari le password altrui), considerazione da scartare, in quanto sarebbe proprio una brutta violazione della privacy tra l’ altro punita severamente dalla legge.
Altra ipotesi, è che potrebbero esserci delle persone in rete (magari dipendenti di agenzie investigative), che cercano i subalterni dell’ azienda e “spacciandosi” per “amici”, accedono senza problemi alle informazioni volute, questa teoria potrebbe essere la più plausibile.
Un’ altra tesi accettabile, sarebbe che un “amico” del “richiamato” (anche lui dipendente Veritas), abbia voluto fare una “soffiata” alla società magari aspettandosi in cambio qualche promozione.
A voi comunque ardua sentenza, e per quanto riguarda il Sindacato, è supponibile che passeranno in massa a Twitter.
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